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Nell'ambito di un vasto ed esaustivo programma di ricerca coordinato dall'on. ministro
per la felicità obbligata dell'italiano quadratico medio Lidia Turco, rendiamo oggi noto
il resoconto di una videoindagine sul campo, effettuata accompagnando un simpatico gruppo
di giovani della bassa durante una felice escursione ai piedi del maestoso Adamello.
L'osservazione, effettuata utilizzando le più raffinate tecniche di videocontrollo in
real-time tramite una rete di satelliti spia gentilmente prestata per l'occasione dal KGB
in cambio di due soppresse de la val Camonica e tre forme di Quartirolo, ha permesso di
seguire inosservati, istante per istante, lo svolgersi dei fatti che vengono qui riportati
nella loro cruda verità, orbi di inutili commenti (che vengono lasciati per esercizio
all' on. ministro del volemosebbene Livia Turbo) e di futili morali (che saranno
sicuramente espresse in seguito colla ben nota arguzia dall'on. ministro del famolapace
Libia Turco). Soprassedendo ad ulteriori prolegomena, passiamo direttamente alla
sunteggiatura dei fatti.
Sabato:
Appuntamento alle nove con don Giangy. Santa messa ristoratrice dell'animo comprensiva di
canto alla gioia ed alla fratellanza. Viene discussa la sesta lettera dell'apostolo delle
genti ai bergameschi là dove si legge: "se c'è nebbia è meglio restare a
casa". Tutti allegri, e fischiettando "su e giù per la val Camonica", ci
riuniamo nel piazzale vicino al pulmann che però non &eagrave; ancora arrivato dato
che, Ciro Ruotolo, l'autista dal nome decisamente indicativo della scarsa abilità nel
districarsi tra i misteriosi segreti delle curve ad angolo retto della bassa, ha sbagliato
svincolo prendendo, anziché lo svincolo di Pontevico, l'uscita di Verolanuova per andare
ad infognarsi in quel di Manerbio. Quando finalmente dalla nebbia sbucano i fari
dell'atteso autotrasporto abbiamo già dieci minuti di ritardo sulla tabella di marcia.
Nulla di strano che in tali condizioni nella tratta tra Verolavecchia e Orzinuovi,
percorsa al fine di riunire il nostro gruppetto allegro cogli altrettanto allegri
gruppetti di don Francy e di don Giusy, venga inopinatamente imboccato un tratturo
secondario che ci porta dritti dritti a Breda Libera. Altri cinque insopportabili minuti
vanno ad assommarsi al già maturato ritardo che l'autista, il ritardo, avrebbe poi
ampiamente recuperato inerpicandosi su per la valle verso l'Orobie cime.
Una breve sosta sulle sponde del lago d'Iseo per un brunch frugale a base di gallette, un
paternoster e un autodafè appositamente composto per l'occasione e che recita:
"durante la gita non si muova foglia che don Giangy non voglia".
Si riparte e Ciro, diradata la nebbia, mostra il meglio di sè con controsterzi mostruosi
che mettono a dura prova gli apparti digerenti i quali, all'altezza di Bienno, alzano
bandiera bianca. Nel gruppo si comincia a rigurgitare qua e là prima sommessamente poi
spudoratamente vomitando ad alzo zero. Don Giangi esorta a esondare fuori dal finestrino.
Poi si inginocchia e vomita pure l'anima (tm Gaber). Come relativistici flash scorrono in
attimi ai nostri fianchi, Breno, Edolo... don Francy e don Giusy intonano "it's a
long way to Mortirolo" cercando di placare gli animi ma nell'ultimo pezzo della
pantanica salita cedono anche loro al più cupo pessimismo ed intonano un "de
profundis". A Pontedilegno Ciro aziona finalmente i freni. Scendendo barcollando
dall'automezzo scopriamo di avere circa due ore di anticipo sulla tabella di marcia.
Il resto della giornata sarà destinato alla sistemazione della truppa nel rifugio. Le tre
femmine finite per errore nella nostra gita (dovevano andare a Lignano Sabbiadoro colle
orsoline) vengono sistemate nello stanzone da ventiquattro letti matrimoniali mentre i
sessantadue maschietti brufolosi trovano ampio spazio nella stanza con due letti a
castello. Privilegio degli accompagnatori anziani è il dormire in piedi nello sgabuzzino
delle scope. Resta il mistero su dove dormano i don ma tra la truppa si ventila della loro
instancabilità che li porterebbe addirittura al non dormire mai.
Domenica:
Sveglia alle otto. Don Giangy irrompe nella camerata cantando a squarciagola "laudata
sii tu, giornata d'espiazione" seguita da una bellissima messa comprensiva di un
approfondito dibattito sulla quindicesima lettera dell'apostolo dei grafomani ai gitanti
domenicali ove si legge: "approfittate dunque, o peccatori incalliti, del giorno di
riposo del corpo per lo spirto ritemprare attraverso l'astinenza e la della carne
mortificazione". Don Giampy segue alla lettera il consiglio e fa servire la colazione
a base di pane raffermo, burro rancido e acqua del pozzo. Inizia poi la marcia ed
intoniamo, guidati da don Francy che ben conosce le moderne tendenze musicali in voga tra
noi giovani, lo spiritual "Joshua at the battle of Gericho". La defatigante
passeggiata di dieci chilometri è rallentata dalle frequenti soste della truppa che si
butta su tutti i cespugli di bacche commestibili che vengono individuati.
Raggiungiamo quindi il fontanile meta della passeggiata appena appena in tempo per
intonare un "laudata si tu, acqua rinfrescante" e ritornare indietro. Per cena
burro rancido, pane raffermo e zuppa di erbe di prato alla benedectine. Tre avemarie e
quattro invocazioni a san Morfeo e alle nove tutti a letto.
Lunedì:
Don Giangy spalanca la porta della camerata alle sette facendo rullare un charleston che
nessuno aveva fino ad allora notato. Dopo una breve meditazione collettiva sulla
ventiseiesima esortazione dell'apostolo dei logorroici agli amanti del trekking ove si
legge: "se ti fanno male i piedi, se ti fanno male le caviglie, se sei tutto fracico,
butta via le superga e mettiti le scarpe da trekking, cretino!", ci abbandoniamo
allegri ad una abbondante colazione: pane raffermo, doppia razione di burro rancido e
latte di mucca appena munto (solo per quelli che son riusciti ad acchiapparla, la mucca).
Jogging di quindici chilometri al canto di "oh! quanto è bella l'uva fogarina"
rallentato dalle frequenti soste della truppa che si precipita su tutti i cespugli di
bacche (commestibili e non) che incontriamo. Raggiungiamo la pozza meta della giornata
appena in tempo per intonare un 'laudato sii tu o sole, che ci coci la brocca" per
poi precipitarci a valle seguendo docilmente i misteriosi sentieri tracciati dal principio
di minima azione. Per cena insalata fresca di prato (gramigna/ortica) burro raffermo e
pane rancido.
Tre atti di fede e trenta minuti di mea culpa in ginocchio sui ceci concludono la radiosa
giornata. Alle otto tutti a letto.
Martedì:
Don Giangy ci sveglia alle sei con un do di petto sovracuto in falsetto.
Colazione vegetariana a base di passato di ceci, latte acido cagliato e una pasticca di
complesso vitaminico B. Dopo un arguto scambio di idee sul ventinovesimo fax dell'apostolo
dei telemaniaci ai possessori di tessera telefonica dove si legge: "quando un uomo
col telefonino incontra un uomo senza telefonino l'uomo senza telefonino è un uomo
morto", ci avviamo per una corsa veloce di venti chilometri in rigoroso silenzio. Il
raggiungimento della meta della scampagnata (una frana fresca fresca di fango e detriti)
è ostacolato dal comportamento della truppa che effettua frequenti soste per buttarsi su
e divorare qualunque vegetale cresca ai bordi della strada. Giunti allo sgarrupo facciamo
appena in tempo ad intonare un "siamo nelle tue mani Giove pluvio" che un
temporale mostruoso gonfia i torrenti lungo i quali ridiscendiamo al rifugio comodamente
trasportati dalle rapide abbarbicandoci agli scaldabagni opportunamente scaricati qua e
là da provvidi inquinatori. Cena ricca a base di muffa di pane, muffa di burro, locuste
alla certosina e camomilla. Alle sette a nanna.
Mercoledì:
Le trombe del giudizio vengono suonate da don Giangy alle cinque. Cento flessioni per
riscaldare i muscoli, cento genuflessioni per riscaldare l'anima. Un salace botta e
risposta sul ventunesimo messaggio in bottiglia dell'apostolo dei naufraghi alle
motovedette della finanza ove si legge: "cazzo per un qualunque albanese vi muovete
tutti all'unisono e io che sto qua da dieci giorni non mi caga nessuno". Colazione
con sniffata al pane raffermo, sniffata al burro rancido, sniffata generica ad una
miracolosa polverina fornita da don Giusy e via! trenta chilometri di corsa a piedi nudi
sui ghiaioni rallentata dalle frequenti soste che la truppa effettua per cercare di
buttarsi giù per i burroni intonando un commovente; "addio mondo crudele". Il
cespuglio di stramonio meta della nostra gita viene divorato da don Giangy che intona
"this is the end" e si mette a volare imitando il rumore di un elicottero col
quale veniamo tutti riportati al rifugio. Per cena maalox alla certosina. Alle sei coma
profondo.
Giovedì:
Don Giangy viene impietosamente strozzato proprio mentre, alle quattro in punto, si
accinge a darci la sveglia con un gentile carillon che suona "per Elisa". Un
vivace scambio di opinioni sulla centoquarta e-mail dell'apostolo dei frantumati al
service provider di Prospero Pirlvcxs ove si legge: "perché, o signore, non ci
liberi da cotanto fardello? (o quantomeno insegnagli un pochino di sintassi)" e prima
colazione a base di don Giangy che viene consumato seduta stante, nudo e crudo. Alka
seltzer e via per un percorso di guerra di centocinquanta miglia, percorso rallentato
dalle frequenti soste della truppa che si precipita sui villaggi disarmati e li saccheggia
selvaggiamente uccidendo tutte le donne e violentando tutti gli uomini al grido di "a
chi tocca tocca". Giungiamo alle colonne d'Ercole appena in tempo per intonare
"la terra è piatta date retta balle e fanculo pure a Galileo" e ritornare a
Zabriskie point dove don Giusy e don Francy vengono sacrificati al termine di un rito
satanico. Raggiungono così don Giangy nei campi elisi dove sicuramente si staranno
abboffando di pane azzimo. buzz... buzz...
***
Hem hem. Termina qui la proiezione di questo interessante documentario ripreso "on-line" oserei dire e di cui abbiamo assistito alla prima, e presumibilmente ultima trasmissione. Vorrei concludere la trasmissione cedendo la parola all'on. ministro per la distribuzione gratuita dell'estrema unzione ai moribondi Mamma Loturco per un commento finale ma mi fanno cenno dalla regia che non c'è più tempo. Cedo quindi la linea alla pubblicità.
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